Formazione continua degli adulti in Italia.

Formazione continua degli adulti in Italia.

L’Istat (Istituto Nazionale di Statistica), lo scorso 8 aprile, ha pubblicato un report che fotografa la situazione della formazione degli adulti in Italia nel 2022. Scopriamo cosa è emerso.

Italia in ritardo nella formazione continua rispetto ai maggiori Paesi europei

Nel 2022, appena un terzo degli adulti tra i 25 e i 64 anni (35,7%) ha partecipato a programmi di istruzione e formazione, evidenziando un ritardo rispetto alla media europea di quasi 11 punti percentuali.

Per quanto riguarda i giovani adulti (18-24 anni), il 31% non segue alcun percorso di istruzione o formazione, un dato significativamente superiore al 20,2% della media europea. La principale barriera alla partecipazione è la mancanza di interesse, che riguarda circa l’80% degli adulti tra i 25 e i 64 anni che non partecipano a corsi formativi. Inoltre, i costi elevati rappresentano un ostacolo per il 23,7% di essi, contro il 13,7% della media dell’Unione Europea (UE-27).

Dettaglio dei tassi di partecipazione:

  • Generale (25-64 anni): 35,7% partecipa a iniziative formative, sia formali che non formali, molto inferiore alla media europea.
  • Laureati occupati in professioni qualificate (25-64 anni): 74% partecipa a formazione continua.
  • Donne (25-64 anni): 34,5% partecipa, leggermente inferiore rispetto al 37% degli uomini.
  • Donne e impegni familiari: Il 17,2% delle donne non partecipa a corsi di formazione a causa di impegni familiari, rispetto al 6,7% degli uomini.

L’importanza della formazione continua

La formazione è un processo costante di apprendimento che comprende l’acquisizione, l’applicazione e l’aggiornamento delle conoscenze e delle competenze, cruciale per lo sviluppo personale e professionale continuo (lifelong learning).

L’Indagine sulla formazione degli adulti (Adult Education Survey – AES) è un’analisi che si svolge regolarmente in tutti i Paesi dell’Unione Europea seguendo specifici regolamenti che ne stabiliscono i contenuti e le metodologie di raccolta dati, rendendola una delle principali fonti di informazione sulla partecipazione degli adulti a iniziative formative.

Questi dati sono armonizzati per garantire la comparabilità a livello internazionale e si rivelano strumenti preziosi per i decisori politici nella definizione di strategie volte al miglioramento e alla riqualificazione del capitale umano. Questo assume particolare importanza in concomitanza con la conclusione dell’Anno Europeo delle Competenze, che promuove l’apprendimento continuo e il potenziamento delle competenze, con un focus specifico su quelle digitali e legate alle tecnologie sostenibili.

Secondo la Classificazione internazionale delle attività di apprendimento (CLA), vengono considerate tutte le attività di formazione intenzionali, escludendo quelle accidentali o casuali. Tali attività si dividono in:

  • Formali: corsi che conferiscono un titolo di studio o una qualifica professionale.
  • Non formali: iniziative organizzate che non rilasciano un titolo formale ma sono condotte in un contesto strutturato.
  • Informali: attività di apprendimento intenzionali ma non organizzate in modo formale.

I risultati dell’indagine, condotta tra settembre 2022 e gennaio 2023 e che fa riferimento ai dodici mesi precedenti l’intervista, indicano un periodo di osservazione che va da ottobre 2021 a dicembre 2022.

Partecipazione alla formazione in Italia: un confronto con la media europea

Come detto, dal confronto internazionale emerge che l’Italia è indietro rispetto agli altri principali Paesi dell’UE. Il tasso di partecipazione degli adulti italiani tra i 25 e i 64 anni alle attività formative è del 35,7%, (quasi 11 punti percentuali sotto la media europea) posizionando l’Italia al 21° posto nella classifica UE27. Questo dato è lontano dagli obiettivi fissati dal Consiglio Europeo per il 2025, che prevedono un tasso minimo di partecipazione del 47% per questa fascia d’età.

Analizzando i dettagli, solo il 4% degli adulti partecipa a formazione formale, rispetto al 6,3% della media europea, mentre per la formazione non formale la percentuale è del 34,1% contro il 44% europeo. Anche il numero totale di ore dedicate alla formazione è inferiore in Italia rispetto alla media europea (133 ore contro 144), principalmente a causa delle minori ore dedicate alla formazione formale (405 ore contro 512).

Tassi di partecipazione alla formazione tra i giovani e gli adulti

La partecipazione a percorsi di istruzione e formazione è significativamente influenzata da fattori socio-demografici come età, livello di istruzione, contesto familiare e status occupazionale e professionale.

L’età emerge come fattore chiave, mostrando un netto calo nella partecipazione ad attività di apprendimento, sia formali che non formali, con l’avanzare degli anni. In particolare, la partecipazione a corsi formali in Italia scende drasticamente dopo i 35 anni, con solo l’1,3% degli individui oltre questa età che frequenta tali corsi. Anche la partecipazione a iniziative di apprendimento non formale si riduce sensibilmente, coinvolgendo meno di un terzo degli individui tra i 35 e i 64 anni, e scendendo ulteriormente tra i 65 e i 74 anni.

Questa tendenza è comune anche in altri Paesi europei, ma l’Italia mostra particolari criticità fin dalle età giovanili. Tra i 18 e i 24 anni, il tasso di partecipazione a corsi formali in Italia è del 49% nel 2022, inferiore di 15,3 punti percentuali rispetto alla media europea. Il divario è ancora più marcato con la Germania, dove il gap è di 27 punti percentuali. Anche per le attività non formali, il tasso italiano del 42,2% è inferiore di 5,4 punti rispetto alla media europea e di 17,3 punti rispetto alla Germania.

Con l’aumentare dell’età, il divario per le attività formali si stabilizza a 2,4 punti fino ai 54 anni, per poi scendere a 0,8 punti. Per le attività non formali, tuttavia, il divario aumenta, con solo il 35% dei 35-54enni italiani che partecipa a tali attività.

In aggiunta, il 10,2% dei giovani italiani tra i 18 e i 24 anni nel 2022 non è più inserito in un percorso formativo e ha conseguito al massimo un titolo di istruzione secondaria di primo grado.

Rapporto tra titolo di studio e partecipazione alla formazione

Un titolo di studio avanzato, personale o dei genitori, incrementa significativamente la partecipazione a formazioni formali e non formali. Questo trend si mantiene anche quando si elimina l’influenza dell’età dal confronto, considerando che le generazioni più anziane tendono a possedere titoli di studio inferiori.

Nello specifico, un aumento nel livello di istruzione dei genitori è correlato con un incremento nella partecipazione alla formazione continua (dal 25,6% per quelli con genitori meno istruiti al 66,3% per quelli con almeno un genitore con titolo terziario). Per i giovani tra i 18 e i 24 anni, cresce anche la permanenza nei sistemi di istruzione e formazione, riducendo drasticamente il rischio di abbandono precoce (dal 24% tra quelli con genitori al massimo diplomati a un basso 3% tra quelli con genitori laureati).

L’italia si confronta negativamente in ambito internazionale per quanto riguarda la partecipazione all’apprendimento permanente da parte di persone con bassi livelli di istruzione. In media, un quarto dei 25-64enni europei con al massimo un diploma di scuola secondaria di primo grado partecipa a formazioni, mentre in Italia questa percentuale scende a meno di un sesto. Tuttavia, tra coloro con elevati livelli di istruzione, la partecipazione è simile alla media europea (67% in Italia contro il 66%).

La situazione dei cittadini stranieri

I cittadini stranieri che arrivano in Italia dopo i 10 anni di età sono particolarmente svantaggiati. In generale, chi è nato all’estero partecipa meno frequentemente a iniziative di istruzione e formazione rispetto agli italiani (26,9% contro 35,3%), soprattutto se arrivano in Italia oltre i 10 anni di età (24,2%). Chi arriva in età più giovane mostra una propensione simile ai agli italiani (38,4%), confermando l’influenza della precocità dell’arrivo in Italia sulla partecipazione educativa, indipendentemente da età e livello di istruzione dei genitori.

Disoccupati e occupati a bassa qualifica

Il divario tra l’Italia e l’Europa è più marcato tra i disoccupati e gli occupati poco qualificati. La situazione lavorativa incide sulla frequenza di partecipazione a corsi di formazione continua: i disoccupati tra i 18 e i 74 anni partecipano meno frequentemente (20,5%) rispetto agli occupati (44,1%), e questa tendenza si accentua tra gli occupati in ruoli meno qualificati (24,6%) in confronto a quelli in posizioni più qualificate, come dirigenti e liberi professionisti (62,6%). Quindi, chi più necessita di aggiornare le proprie competenze per adattarsi ai cambiamenti del mercato del lavoro è anche chi meno partecipa a queste opportunità formative.

In Italia, il gap di partecipazione tra disoccupati e occupati è molto più pronunciato rispetto alla media europea. Qui, meno di un disoccupato su cinque (25-64 anni) partecipa a corsi di istruzione o formazione, a fronte di uno su tre in Europa. La differenza di partecipazione tra occupati e disoccupati è 2,3 volte maggiore in Italia, mentre in Europa questa discrepanza è di 1,8 volte.

Disoccupati e occupati a elevata qualifica

Il divario si riduce tra i lavoratori altamente qualificati: in Italia, la percentuale di partecipazione tra dirigenti e liberi professionisti è del 63,1%, solo leggermente inferiore alla media europea del 68,7%.

Riguardo alle differenze di genere, le donne occupate in posizioni elevate mostrano una partecipazione maggiore rispetto agli uomini (47,5% contro 41,6%). Tra i dirigenti e professionisti, la partecipazione femminile è del 68,4%, superiore a quella maschile del 58,2%, mentre è minore tra le donne in posizioni meno qualificate e tra le disoccupate. Le donne citano più spesso di uomini i costi e le responsabilità familiari come ostacoli alla formazione, con una percentuale significativamente più alta di donne che non si formano per prendersi cura della famiglia (19% contro 5,3%).

Differenze territoriali

In termini territoriali, ci sono notevoli differenze tra il Mezzogiorno e il Centro-nord, particolarmente evidenti nell’istruzione non formale. Più di 11 punti percentuali separano il tasso di partecipazione tra il Nord-est e il Sud (39,7% contro 28,3%), influenzato anche dalla diversa struttura demografica e dalla situazione lavorativa. Nel Sud, una popolazione più giovane porta a una maggiore partecipazione ai corsi formali (8,2% contro 7,2% nel Nord), mentre nel Nord-est, grazie a una maggiore offerta formativa e tassi di occupazione più alti, la partecipazione alle attività non formali è superiore (36,4% contro 23,9% nel Sud). Questo nonostante l’uscita precoce dal sistema educativo sia più frequente nel Sud rispetto al Nord. Tuttavia, la partecipazione a istruzione terziaria negli ultimi 12 mesi è leggermente superiore nel Sud rispetto al Nord-est.

Il ruolo della motivazione

Nel contesto formativo, la scarsa motivazione rappresenta il principale ostacolo alla partecipazione degli adulti, con il 64,3% dei 25-64enni che non ha frequentato corsi di formazione, di cui quasi l’80% per mancanza di interesse, cifra in linea con la media europea. Questa tendenza si osserva anche nei più giovani (18-24 anni), dove il 67,4% non partecipa, leggermente sotto la media europea del 69%. L’Anno Europeo delle Competenze mira proprio a incrementare gli investimenti in formazione e riqualificazione per sensibilizzare sia giovani sia adulti sull’importanza del continuo aggiornamento delle competenze.

Tra i disoccupati under35, l’interesse per la formazione è leggermente maggiore, con un minor tasso di mancata partecipazione dovuto a scarso interesse (61,8% tra i 18-24 anni e 61,4% tra i 25-34 anni), suggerendo una maggiore consapevolezza dell’importanza della formazione continua per facilitare l’accesso al mercato del lavoro.

Tra i disoccupati che non hanno partecipato, il principale ostacolo è il costo (29%), a differenza degli occupati per cui i maggiori impedimenti sono la difficoltà di conciliare lavoro o vita privata (37,8%) e i costi (21,5%). Inoltre, più della metà dei corsi per gli occupati riceve contributi, spesso dal datore di lavoro (95,5% dei casi), mentre solo il 37,1% dei corsi per disoccupati è sovvenzionato, portando a una maggiore necessità per i disoccupati di coprire personalmente le spese (33,1% dei casi) o di optare per corsi gratuiti (29,8%).

Responsabilità familiari

Il 13,1% dei 25-64enni non ha potuto frequentare alcun corso di formazione nonostante il desiderio di farlo, e un ulteriore 11,7% avrebbe voluto formarsi più di quanto sia stato possibile (15,7% nella media UE27). Questa ridotta partecipazione è spesso causata da impegni lavorativi o personali (33,1% in Italia, 22,8% nella media europea). Le donne incontrano maggiori difficoltà nella gestione degli impegni familiari (17,2%) e rinunciano più frequentemente per motivi economici rispetto agli uomini (26,2% contro 20,5%, entrambe le percentuali superiori alla media europea). Oltre un terzo di coloro che avrebbero voluto partecipare a formazioni o approfondire ulteriormente non ha potuto farlo anche a causa della pandemia, con un 11,4% che ha rinunciato volontariamente per timore del contagio, un 12,9% che ha optato per l’autoapprendimento e un 17,4% che non ha partecipato a causa di modifiche nelle attività programmate.

Servizi di orientamento

È fondamentale per gli individui ottenere informazioni e riconoscere le proprie competenze per selezionare le offerte formative più adatte. In Italia, il ricorso a servizi di orientamento tra gli adulti è meno frequente rispetto alla media europea, con solo il 19,8% degli adulti tra i 25 e i 64 anni che lo ha svolto, contro una media europea del 26,9%. Tra i giovani (18-24 anni), la ricerca di informazioni è più comune (45%), in linea con la media europea (45,1%). Le donne giovani, in particolare, mostrano una maggiore propensione a informarsi sulle opportunità formative, con una percentuale che supera quella europea. L’orientamento e la profilazione sono decisamente più diffusi tra chi partecipa o desidera partecipare a attività formative rispetto a chi non mostra interesse.

Altri dati

La formazione continua permette l’aggiornamento e l’acquisizione di nuove competenze essenziali per tenere il passo con le evoluzioni economiche, sociali e culturali. In Italia, l’età media dei partecipanti è di 40,4 anni, con una distinzione tra formazione formale, concentrata nei primi anni della vita adulta (età media 25,7 anni), e formazione non formale, distribuita lungo l’intero arco della vita (età media 42,4 anni). Analizzando i 18-34enni, il 56,1% partecipa a percorsi formativi, con un numero medio di corsi pari a 2,3. All’interno di questa fascia d’età, esistono differenze significative tra i percorsi formali e non formali, con variazioni nell’età media dei partecipanti in base al tipo di formazione e agli obiettivi personali o professionali.

Un quinto degli individui tra i 18 e i 21 anni non è impegnato né in attività formative né lavorative, e questa proporzione sale a quasi un terzo nel Mezzogiorno. Specificatamente, il 27,5% di questa fascia d’età non segue corsi formali o non formali, con una distribuzione del 29,7% tra i maschi e del 25,1% tra le femmine. Ciò si verifica nonostante il 35,6% di essi possegga al massimo un diploma di scuola media inferiore e solo il 23,8% si consideri occupato. Nel Mezzogiorno, la percentuale di giovani tra i 18 e i 21 anni non coinvolti in percorsi formativi aumenta al 35,1%, e di questi solo il 15% è attivamente occupato, risultando in una percentuale del 29,8% di giovani che né studiano né lavorano.

Circa un quinto dei giovani partecipa esclusivamente a corsi non formali, con il 7,3% motivato da interessi personali, come sport, canto o musica, e il 12,4% impegnato in corsi per acquisire competenze utili nel mercato del lavoro. Il 52,9% frequenta invece corsi di istruzione formale, dei quali oltre un terzo (35,3%) sono percorsi scolastici, mentre il restante 64,7% riguarda l’istruzione terziaria. Inoltre, il numero medio di corsi seguiti dai giovani di questa età è 2,1, inferiore alla media degli individui tra i 18 e i 34 anni, con meno della metà (44,5%) che partecipa sia a formazione formale che non formale, principalmente per interesse personale (56,8%).

Il 17,5% dei giovani tra i 22 e i 26 anni non è coinvolto in percorsi formativi e non lavora, una cifra che nel Mezzogiorno sale al 26,1%. In questa fascia d’età, il 38,3% non segue percorsi di formazione, con una divisione di genere che vede il 40,8% dei maschi e il 35,5% delle femmine. Nel Mezzogiorno, solo il 39,2% si dichiara occupato, a fronte del 70% nel Nord. Solo l’11,1% di coloro che non studiano ha un titolo terziario di primo livello, il 57,3% ha completato la scuola secondaria superiore e il 31,6% possiede un titolo inferiore o nessuno. La partecipazione a corsi non formali è diversa rispetto ai più giovani, con solo il 4,4% che segue attività per interesse personale e il 20,1% che si dedica a corsi professionalizzanti.

Per i giovani di 27-34 anni, il 54,9% non è più in formazione, con differenze significative tra Nord (50,4%) e Mezzogiorno (61,5%). Nel Nord, il 75% si dichiara occupato contro meno della metà nel Mezzogiorno. La percentuale di donne non attive e che non studia è più che doppia rispetto a quella degli uomini (25,2% contro 12,6%). Solo il 17,6% di chi non si forma ha un titolo terziario, il 49,9% ha completato il liceo e il 32,5% ha un titolo inferiore o nessuno. Il 28% si impegna in corsi professionalizzanti, mentre il 6,7% partecipa a corsi non formali per passione. Il 10,4% è ancora inserito in un percorso formale, principalmente terziario (90,3%).

Infine, la partecipazione alla formazione informale supera la media europea, con il 67,7% di persone tra i 18 e i 69 anni che si impegnano in attività poco strutturate per apprendere su argomenti di interesse personale, con un uso diffuso di strumenti elettronici e una maggiore partecipazione delle donne rispetto agli uomini in attività come la lettura e le visite guidate a istituzioni culturali.

Fonte
LA FORMAZIONE DEGLI ADULTI | ANNO 2022, report Istat – 8 aprile 2024.

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